giovedì 3 dicembre 2015

PERCHÉ NON CHIAMARE UN FIGLIO JESHUA?


In queste ultime settimane ho ricevuto diverse lettere sul problema Islam. Da queste risulta chiaro come, a causa degli attentati a opera degli affiliati al sedicente califfato islamico, l'irritazione tra gli europei e non solo sta crescendo in modo esponenziale, rischiando di provocare uno scontro religioso senza precedenti. Eccone un piccolo, e in fondo innocuo esempio, in questo caso. Mi scrive Anna P. da un paese del Nord Italia: «Ho letto che a Bruxelles il nome ormai più diffuso, o uno dei nomi più diffusi, è Mohamed. Tuttavia non credo che si tratti di un caso unico. Come mai ci sono tanti genitori che dànno al loro figlio maschio il nome del loro profeta, mentre nessun cristiano, a quanto mi risulta, viene chiamato Gesù, ovvero Jeshua, il suo vero nome? Io inviterei tanti genitori cristiani a dare al loro figlio maschio appena nato questo bellissimo nome, perché non mi so rassegnare al fatto che l'Europa diventi una terra popolata da soli Mohamed».
Già, perché nessun cristiano si chiama Gesù o, per meglio dire, Jeshua? Quesito interessante, non c'è dubbio. E la risposta non è certo facile. La mia opinione è che tutto dipenda da interpretazioni errate della figura di Gesù avanzate dai cristiani e dalla Chiesa, secolo dopo secolo. Nei Vangeli, spesso Gesù si definisce “figlio di Dio”, o “figlio dell'uomo”, appellativi che però sostanzialmente significano che, grazie al suo altissimo livello di evoluzione, semplicemente aveva piena coscienza di essere un'emanazione diretta di Dio. Proprio come lo siamo tutti noi, del resto, solo che non ne abbiamo consapevolezza, accecati come siamo dal nostro Io che dirige tutta la nostra vita e ci conduce verso obiettivi lontanissimi dal livello di evoluzione di Joshua e dal riconoscimento della nostra natura divina, e anzi verso stili di vita folli (basta pensare alle continue guerre fratricide). Ma nel suo messaggio è sempre stato implicito che non solo lui, ma ciascuno di noi, è figlio di Dio. Solo che la Chiesa e i cristiani in genere hanno pensato bene di innalzare Joshua oltre il livello umano che gli apparteneva, per farne un idolo e così, implicitamente e ipocritamente, creare un modello inaccessibile, inarrivabile, inimitabile. Il tutto per avere l'alibi di continuare a vivere in sintonia con l'Io e non con il Sé, cioè con lo Spirito Universale, con l'Anima. “Lui era dio, io non lo sarò mai, quindi posso continuare tranquillamente a peccare, pentirmi, chiedere perdono, confessarmi e fare penitenza senza soluzione di continuità” è un po' il ragionamento più o meno inconscio del cristiano tipo. In questa mitizzazione di Dio, in questo metterlo su un piedistallo altissimo, inaccessibile, anziché sentirlo come un semplice uomo, seppure grandemente realizzato e un esempio spirituale da seguire per tutti noi, è chiaro che anche il suo nome è diventato quasi intoccabile. Nessuno si sognerebbe di mettere questo nome al proprio figlio perché troppo impegnativo, troppo fonte di ansie da prestazione, ed è chiaro che solo pochissimi realizzati quasi come lui, se non come lui, potrebbero portarlo senza imbarazzo. Invece un musulmano si può chiamare tranquillamente Mohamed, probabilmente perché quel profeta viene percepito molto più vicino alla popolazione “normale”, come un islamico qualunque. In più è, credo, una figura percepita come più virile, aggressiva, mentre quella di Gesù è percepita come remissiva sulla base dei suoi stessi principi che inneggiano al perdono, alla fratellanza, all'amore. Ma proprio in barba a tutti questi preconcetti, a queste idee sbagliate, a queste ipocrisie, io credo che qualunque cristiano potrebbe e anzi dovrebbe chiamare il proprio figlio Jeshua, che tra l'altro è un nome bellissimo? Chi vuole cominciare a farlo?

(Nella foto in alto, una riproduzione fotografica del mosaico in stile bizantino che raffigura il “Cristo Pantocratore” del Duomo di Cefalù, in Sicilia, risalente al 1311)

Nessun commento:

Posta un commento