lunedì 8 luglio 2013

COME CAPIRE SE LA NOSTRA VITA VA NELLA DIREZIONE GIUSTA? DAL SENSO DI BEATITUDINE CHE POSSIAMO PROVARE OPPURE NO

Paola è una simpatica, brillante donna di mezza età che, però, da qualche anno vive una crisi interiore. Durante un colloquio in cui mi chiedeva consiglio e aiuto, mi ha confessato di tendere sempre più spesso, ultimamente, a fare un bilancio della propria vita e di accorgersi che questo per molti aspetti non è affatto positivo. Il suo matrimonio è fallito dopo ben vent'anni di vita in comune con il marito, il quale d'improvviso si è detto perplesso  e deluso per la differenza dei loro caratteri (!). Ora Paola e il marito continuano a vivere insieme, ma non da marito e moglie. Tra loro c'è freddezza, ostilità malcelata, risentimento. La coppia vive anche un periodo di difficoltà economiche dovute alla crisi finanziaria mondiale. In più Paola si accorge che il suo corpo mostra qualche segno di decadimento e nella sua mente si affaccia sempre più spesso il timore, paralizzante, della fine. Non si può certo dire che sia vecchia, ma lei avverte il veloce passare del tempo come un pericolo minaccioso. Forse è la classica crisi che molte persone vivono nel passaggio verso l'età più matura, forse si tratta di un po' di depressione che un medico competente potrebbe aiutarla a superare… in ogni caso, le ho fatto leggere un passo di uno dei tanti, bellissimi libri di Osho (Ricominciare da sé, Mondadori editore), ritratto nelle foto in alto, passo che credo faccia al caso suo e che riporto qui perché tutti coloro che, come Paola, vivono un momento di profonda crisi interiore possano auspicabilmente trarne un prezioso insegnamento. Eccolo:

Più a lungo vive una persona più dovrebbe aumentare la sua gioia, invece la vostra gioia diminuisce… È sbagliata la direzione della vostra vita, ed è sbagliata la vostra energia. Dovreste essere costantemente vigili, costantemente alla ricerca e dovreste avere stampati nella mente in modo chiaro i criteri di valutazione. Se vi sono ben chiari quei criteri, e se vedete che state andando nella direzione sbagliata, nessuno all'infuori di voi stessi vi impedisce di cambiare e di andare nella direzione giusta.
Una sera, due monaci rientrarono nella loro capanna. Erano stati in viaggio quattro mesi ma ora, poiché iniziava la stagione delle piogge, erano tornati alla loro capanna. Giunti nei pressi, il monaco più giovane, che camminava davanti, improvvisamente si sentì invadere dalla collera e dalla tristezza: i venti di un uragano avevano scoperchiato metà della capanna; solo metà del tetto era rimasto in piedi. Tornavano dopo quattro mesi, con la speranza di potersi riposare, al riparo dalle piogge, ma ora sarebbe stato difficile farlo. Metà della capanna era crollata e metà del tetto era stato spazzato via.
Il monaco giovane esplose, e disse al suo anziano compagno: «È troppo! Ci sono cose che creano in me il dubbio sull'esistenza di Dio: i peccatori possiedono palazzi in città e a loro non è accaduto niente; invece è caduta in rovina la capanna di due poveretti come noi, che passano il giorno e la notte pregando. Dubito che Dio esista! Le nostre preghiere servono, oppure stiamo sbagliando? Forse è meglio peccare, visto che i palazzi dei peccatori sono indenni e la nostra capanna, di due persone che pregano, è stata spazzata via dalla tempesta».
Il giovane monaco era pieno di collera e di biasimo, sentiva che le sue preghiere erano inutili. Ma il suo anziano compagno congiunse le mani, elevandole al cielo, mentre lacrime di gioia rigavano le sue guance.
Il giovane monaco era sorpreso e gli chiese: «Che cosa fai?».
Il monaco anziano spiegò: «Ringrazio Dio, perché chissà che cosa avrebbe potuto fare il vento? Avrebbe potuto portarsi via l'intera capanna, ma Dio deve averlo ostacolato in qualche modo, per salvare così almeno metà della nostra capanna. Dio si occupa anche di noi, povera gente, perciò dovremmo ringraziarlo. Ha udito le nostre preghiere; le nostre preghiere non sono state inutili, altrimenti l'uragano si sarebbe potuto portare via l'intero tetto della capanna».
Quella notte entrambi i monaci dormirono ma, come potete immaginare dormirono in modo diverso. Il giovane, che era pieno di collera e di rabbia e pensava che le sue preghiere fossero inutili, continuò a rivoltarsi tutta la notte perché nella sua mente scorrazzavano incubi e preoccupazioni. Era roso dall'ansia. Il cielo era coperto di nuvole, tra poco sarebbe arrivata la pioggia… Una metà del tetto era volata via con il vento, quindi i due monaci potevano vedere il cielo. L'indomani sarebbero iniziate le piogge, che cosa sarebbe accaduto?
Il monaco anziano dormì un sonno profondo. Chi potrebbe dormire tanto pacificamente, se non colui che si sente colmo di gratitudine e di riconoscenza? Il mattino successivo si alzò e cominciò a danzare e a cantare. Il suo canto diceva: «Oh Signore, noi non sapevamo che potesse esserci tanta beatitudine in una capanna crollata! Se l'avessimo saputo prima, non avremmo neppure atteso l'opera dei tuoi venti: avremmo abbattuto noi stessi metà del tetto. Non avevo mai dormito un sonno tanto beato. Poiché una metà del tetto non c'è più, ogni volta che aprivo gli occhi nella notte potevo vedere le stelle e le nubi che si radunavano nel tuo cielo. E ora che stanno per iniziare le piogge, sarà ancora più bello perché, mancando metà del tetto, potrò udire più chiaramente la musica delle tue gocce di pioggia. Siamo stati stolti! Abbiamo trascorso tante stagioni delle piogge, al riparo nella capanna. Non avevamo idea di quale gioia può nascere dal vivere a cielo aperto, esposti al vento e alla pioggia. Se l'avessimo compreso, non avremmo atteso l'opera dei tuoi venti; avremmo abbattuto noi stessi metà del tetto».
Il giovane monaco esclamò: «Che cosa odono le mie orecchie? Che cosa sono tutte queste assurdità? Che cos'è questa follia? Che cosa stai dicendo?».
Il monaco anziano rispose: «Ho osservato le cose in profondità: la mia esperienza mi dice che qualsiasi cosa ci renda più felici è la giusta direzione per noi nella vita e qualsiasi cosa ci fa soffrire è invece la direzione sbagliata. Io ho ringraziato Dio e in me è aumentata la beatitudine. Tu sei andato in collera con Dio e in te è aumentata l'angoscia. La notte scorsa tu eri irrequieto e io ho dormito pacificamente. Ora io sono in grado di cantare e in te brucia la collera. Io ho compreso in modo chiarissimo che nella vita la direzione che ci porta a essere più beati è la direzione giusta, quindi ho focalizzato tutta la mia consapevolezza in questa direzione. Non so se Dio esiste oppure no. Non so neppure se qualcuno ascolta le nostre preghiere; ma la prova valida per me è che io sono felice e danzo e tu invece piangi, sei in collera e sei preoccupato. La mia beatitudine prova che il mio modo di vivere è giusto e la tua angoscia prova che il tuo modo di vivere è sbagliato».
… Il criterio è la beatitudine. Assomiglia al criterio in uso per analizzare l'oro, lo si strofina su una pietra di paragone: l'orefice scarta tutto ciò che non risulta puro e valorizza solo l'oro puro. Continua a esaminarti ogni giorno, usando il criterio della beatitudine: osserva ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Puoi gettare via tutto ciò che è sbagliato e qualsiasi cosa giusta si accumulerà in te piano piano, come un tesoro».

Ed ecco un altro passo sull'argomento, tratto sempre dallo stesso libro di Osho:
Dovresti avere nel cuore questi sentimenti: «Poiché oggi ho il cibo a mia disposizione, mi sento grato. Mi è stato concesso un altro giorno di vita, mi sento profondamente grato. Questa mattina mi sono svegliato di nuovo alla vita, oggi il Sole mi ha illuminato ancora, questa sera posso ancora ammirare la Luna… ho vissuto un altro giorno! Non era necessario che io vivessi un altro giorno, oggi avrei potuto essere già nella tomba, ma mi è stato concesso un altro giorno di vita. Non l'ho guadagnato, mi è stato donato!». Quanto meno per questi motivi, dovresti avere un senso di gratitudine per tutto ciò. Dovresti avere un senso di gratitudine verso la vita intera, verso tutto il mondo, verso tutto l'universo, verso la natura e verso il divino: «Ho ricevuto in dono un giorno in più da vivere. Ancora una volta ho ricevuto il cibo per nutrirmi. Ho ricevuto un altro giorno per vedere il Sole e i fiori che sbocciano. Oggi sono ancora vivo!».
Rabindranath Tagore due giorni prima di morire esclamò: «Signore, come ti sono grato! Dio, come potrò esprimerti la mia gratitudine? Tu mi hai dato questa vita, quando non avevo alcun merito per riceverla. Mi hai dato il respiro, quando non avevo alcun diritto di respirare. Mi hai fatto vivere l'esperienza della bellezza e della beatitudine, che non avevo affatto guadagnato. Ti sono oltremodo riconoscente. Sono sopraffatto dalla tua grazia. E se in questa vita che tu mi hai donato posso aver ricevuto dolore, sofferenza e preoccupazioni, la colpa deve essere stata mia, perché la vita che tu mi hai dato è colma di beatitudine.
La colpa deve essere stata mia, perciò non ti chiedo di liberarmi dalla vita. Se mi ritieni degno, fammi tornare a vivere ancora e di nuovo. La vita che tu mi hai dato è colma di beatitudine e io ti sono immensamente grato per avermela donata».
Questo sentimento, questo sentimento di gratitudine dovrebbe essere presente in tutti gli aspetti della vostra vita, in particolare nei confronti del cibo. Solo così il cibo che ingerite diventa la giusta dieta.

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