martedì 22 febbraio 2011

DIETRO LA CRITICA, L'INCONSAPEVOLEZZA

Vorrei inaugurare questo mio blog citando il titolo che ho scelto, “IO SONO IL TESTIMONE”, non solo come dichiarazione di intenti personale (magari fosse così facile riuscirci!) ma soprattutto come augurio sentito e profondo a tutti i membri di questa grande umanità affinché ciascuno trovi in questa semplice (in teoria!) formula la strada per affrancarsi dall'infelicità e dai drammi causati da inconsapevolezza, sovrastrutture mentali, pregiudizi sociali-razziali-sessuali e, insomma, da tutto ciò che mette in primo piano la mente con le sue aberrazioni a scapito del cuore, dell'intuizione, dell'apertura verso gli altri, dell'amore (inteso come universale). Essere il testimone, infatti, sottintende l'essere presente e consapevole, in ogni momento, delle proprie azioni ed emozioni, come anche di tutto ciò che accade attorno a noi, tutte cose che non dovremmo mai giudicare ma semplicemente osservare. Dopo tanti anni durante i quali mi sono occupato di spiritualità, yoga e meditazione, posso dire di sentirmi pur sempre un neofita e, dunque, ho deciso di aprire questo blog non per elargire sentenze, consigli e verità ritenendomi la scienza infusa, bensì per tentare di essere utile a qualcuno con le mie pur scarse conoscenze e uno scambio di esperienze umane con i miei eventuali interlocutori e cercare assieme a loro una via per migliorarci.
Devo precisare che spesso citerò il pensiero di grandi maestri orientali e occidentali come base di discussione, in particolare quelli che secondo me sono stati capaci di un'importante sintesi di tutte le conoscenze nel campo della spiritualità, come Osho e Eckart Tolle. A mio modesto parere sono soprattutto loro, tra i maestri che ho studiato, a rappresentare la vetta della saggezza cui dobbiamo ispirarci durante ogni giorno della nostra vita, per automigliorarci e tentare così di compiere quel salto evolutivo nel campo spirituale cui l'uomo è destinato, prima o poi. Anche se, poi, bisogna riconoscere che tutto era racchiuso anche negli insegnamenti di quel grande Maestro spirituale che era Gesù. Mentre questi diceva verità in modo semplice e accessibile ai suoi discepoli, che erano tutti persone di modestissima cultura (e per questo i suoi insegnamenti appaiono spesso per forza di cose un po' dogmatici) Osho e Tolle si rifanno ai suoi concetti in modo più articolato, più “scientifico”, e dunque sorprendono perché ne rappresentano un approfondimento, un'integrazione molto importanti.
Spero che questo scambio di esperienze, di verità personali e di energie (che mi auguro avverrà su questo blog) possa essere utile a tutti noi, ovviamente, e non solo a me.
E allora vorrei proprio cominciare con la citazione di un passo del libro di Eckart Tolle Un nuovo mondo, edizioni Mondadori.
«Il lamentarsi è una delle strategie favorite dall'ego per acquisire forza. Ogni lamentela è una storiella che la vostra mente si costruisce e alla quale voi crede ciecamente… Alcuni ego che non hanno altro con cui identificarsi sopravvivono facilmente ed esclusivamente grazie alla lamentela. Quando siete nella morsa di un ego come questo, il lamentarsi, soprattutto degli altri, è abituale ed è ovviamente inconsapevole, e questo significa che lo fate senza saperlo… A un livello più basso dell'inconsapevolezza si urla e si strilla, e ancora un po' più giù, ma non troppo, c'è la violenza fisica. Il risentimento è l'emozione che si accompagna alla lamentela e al giudizio sugli altri, e che dà ancora più energia all'ego… L'ego ama questo. Invece di essere tolleranti con l'inconsapevolezza degli altri, ne ricavate la loro identità. E chi lo sta facendo? L'inconsapevolezza che c'è in voi, l'ego… L'ego ama lamentarsi e risentirsi non solo degli altri, ma anche delle situazioni… L'implicazione è sempre la stessa: questo non dovrebbe succedere; io non voglio essere qui; io non voglio farlo; mi trattano ingiustamente. E il più grande nemico dell'ego è, naturalmente, il momento presente, che è come dire la vita stessa… Provate a fare attenzione alla voce nella vostra testa, magari proprio nel momento in cui si lamenta di qualcosa, e se potete a riconoscerla per quello che è: la voce dell'ego, niente altro che uno schema mentale condizionato, un pensiero. Ogniqualvolta sentite quella voce, vi renderete anche conto che non siete la voce, ma chi ne è consapevole. Dietro vi è la consapevolezza, davanti c'è la voce , colui o colei che pensa. In questo modo diventati liberi dall'ego, liberi dalla mente inosservata… La consapevolezza e l'ego non possono coesistere. Il vecchio schema mentale o l'abitudine mentale possono ancora sopravvivere, riapparire per un po', perché vi sono dietro migliaia di anni di inconsapevolezza collettiva umana, ma ogni volta che viene riconosciuta si va indebolendo».
Che cosa possiamo fare, allora? Osservare le proprie e le altrui azioni e reazioni, essere consapevoli, esserne i testimoni, senza muovere critiche e accuse, dicono i maestri. In fondo, il mondo è perfetto così com'è, perché è un processo in divenire, in evoluzione. Accettandolo, e accettando noi stessi per come siamo adesso, perché in fondo fino a questo momento abbiamo espresso il massimo che potevamo, secondo le nostre possibilità e i condizionamenti che derivano dalle vite passate. In questo modo, non solo ci si mette in sintonia con la Divinità, ma si mette anche da parte l'ego, lo si ridimensiona. È quello che Osho chiama lo stato di “non mente”, di esistenza meditativa. E allora, proviamo già a fare oggi stesso un piccolissimo passo, ma molto importante, verso l'autorealizzazione, cercando di comprendere le mancanze dell'altro e nello stesso tempo osservando la nostra reazione a una presunta sua mancanza. Ricordiamo che cosa disse Gesù: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra» oppure «Porgi l'altra guancia». Quest'ultimo gesto non rivela un atteggiamento masochista, come si sembrava erroneamente quando ero ragazzo, ma è un “lasciar perdere” per “vincere”. Soprattutto sulle proprie passioni e sul proprio ego.

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