martedì 6 dicembre 2011

IL VERO SIGNIFICATO DI "COMPASSIONE"




Vorrei condividere con voi alcuni bellissimi passi da Il potere di Adesso di Eckart Tolle, Armenia Edizioni, in cui l'autore (nella foto), maestro spirituale tedesco trapiantato in Canada, a Vancouver, e noto in tutto il mondo grazie al suo metodo semplice e pratico per disvelare a se stessi la propria dimensione di “illuminati”, condensa mirabilmente alcuni concetti basilari che riguardano la nostra esistenza su questo pianeta e la relazione con il nostro prossimo.

«Fintanto che siete inconsapevoli dell'Essere, la realtà degli altri esseri umani vi sfuggirà, perché non avete trovato la vostra. Alla vostra mente piacerà o non piacerà la loro forma, che non è soltanto il loro corpo ma include anche la loro mente. Il vero rapporto affettivo diventa possibile solo quando vi è una consapevolezza dell'Essere. Provenendo dall'Essere, interpreterete il corpo e la mente di un'altra persona come un semplice schermo, per così dire, dietro cui potete sentire la sua vera realtà, come percepite la vostra. Allora, quando vi trovate di fronte alla sofferenza o al comportamento inconsapevole di qualcun altro, rimanete presenti e in contatto con l'Essere e siate pertanto in grado di guardare al di là della forma e di percepire l'Essere radioso e puro dell'altra persona attraverso il vostro. A livello dell'Essere ogni sofferenza è riconosciuta come illusione, la sofferenza è dovuta all'identificazione con la forma. Tavolta accadono miracoli di guarigione attraverso questa constatazione, risvegliando la consapevolezza dell'Essere in altri, se sono pronti…»

«La compassione è la consapevolezza di un legame profondo tra noi e tutte le creature. Ma vi sono due aspetti della compassione, due aspetti di questo legame. Da un lato, poiché voi siete ancora qui come corpo fisico, condividete la vulnerabilità e la mortalità della vostra forma fisica con ogni altro essere umano e ogni altro essere vivente. La prossima volta che dite “Non ho niente in comune con questa persona”, ricordatevi che avete tanto in comune. Fra qualche anno (fra due anni o fra settant'anni, non fa molta differenza) entrambi sarete diventati cadaveri putrescenti, quindi mucchio di polvere, quindi niente del tutto. Questa è una constatazione che fa riflettere e che umilia, lasciando poco spazio alla superbia. È un pensiero negativo? No, è un dato di fatto. Perché chiudere gli occhi su questo? In tal senso vi è uguaglianza totale fra voi e ogni altra creatura.
Una delle pratiche spirituali più potenti è quella di meditare profondamente sulla mortalità delle forme fisiche, compresa la vostra. Questo si chiama: morire prima di morire. Cerchiamo di approfondire questo concetto. La vostra forma fisica si dissolve, non esiste più. Poi arriva un momento in cui muoiono anche tutte le forme mentali o i pensieri. Eppure voi siete ancora qui, la presenza divina che siete voi. Radiosa, completamente desta. Niente che fosse reale è mai morto, soltanto nomi, forme, illusioni…»

«La constatazione di questa dimensione senza morte, della vostra vera natura, è l'altro aspetto della compassione. A un livello di percezione profonda voi adesso riconoscete non soltanto la vostra immortalità ma attraverso la vostra anche quella di ogni altra creatura. A livello della forma fisica voi condividete la mortalità e la precarietà dell'esistenza. A livello dell'Essere condividete la vita radiosa ed eterna. Questi sono i due aspetti della compassione. Nella compassione i sentimenti apparentemente contrapposti di tristezza e di gioia si fondono assieme e si trasformano in una profonda pace interiore. Questa è la pace di Dio. È uno dei sentimenti più nobili di cui siano capaci gli esseri umani, e ha grande potere di guarigione e trasformazione. Ma la vera compassione, come l'ho appena descritta, è finora rara. Provare una profonda empatia nella sofferenza di un altro essere richiede certamente un elevato grado di consapevolezza ma rappresenta solo un aspetto della compassione. Non è completo. La vera compassione va al di là dell'empatia o della solidarietà. Non nasce finché la tristezza non si fonde con la gioia, la gioia dell'Essere al di là della forma, la gioia della vita eterna».


mercoledì 13 luglio 2011

NELLA VITA NON CI SONO ERRORI, SOLO LEZIONI



Certi libri sono come certe persone: destinati a entrare nella tua vita e a portarvi novità, conoscenza, esperienza, nuovi stimoli, insomma vita. Tra i tanti che ho acquistato o mi hanno regalato in passato, e non ho mai avuto il tempo neppure di sfogliare, ce n'è uno che ho riscoperto proprio nelle ultime settimane e che per me è stato come una rivelazione, quasi come il mitico Siddharta di Hermann Hesse ai tempi della mia adolescenza. Amo i libri che si sforzano di dare una sintesi della Conoscenza, che vanno a fondo del significato e del fine di questa nostra esistenza, che ti arricchiscono e non ti lasciano più. Ebbene, Il monaco che vendette la sua Ferrari di Robin S. Sharma è uno di questi. L'ho rivisto in uno scaffale alto della mia libreria, dove la mia mano non si spinge quasi mai, e l'ho afferrato come se ne fossi irresistibilmente attirato, l'ho sfogliato. Le pagine ormai ingiallite, ma ancora intonse, ho cominciato a scorrerlo un capitolo dopo l'altro e ne sono rimasto affascinato. Potrei citare decine e decine di passi fondamentali per chiunque di noi da questo libro, edito da Neri Pozza nell'ormai lontano 1998, tanto è denso di verità che meritano di essere meditate, assimilate, vissute.
Non conosco molto di Robin S. Sharma, so che è un'autorità internazionale nel campo della leadership personale, un oratore e comunicatore di prestigio, autore anche di altri best-seller come il celeberrimo Vivere alla grande, una guida al vivere l'esistenza all'insegna del pensiero positivo che penso sia conosciuto in tutto il mondo. Ma Il monaco che vendette la sua Ferrari è molto di più: una sintesi tra misticismo e pragmatismo ( con una connotazione un po' americana, a dire il vero) che trova corrispondenza nel bisogno di evolvere e diventare più saggi senza perdere di vista la realtà in cui viviamo giorno dopo giorno, qui, in Occidente.
E allora spero di fare cosa gradita a chi è su questa lunghezza d'onda nel riportarne alcuni passi fondamentali perché possano tradursi in altrettante meditazioni.

“Per vivere al massimo delle tue potenzialità, devi vigilare alla porta del tuo giardino (ossia della mente), ammettendovi solo le informazioni di miglior qualità. Non puoi permetterti il lusso di un solo pensiero negativo: neanche uno. Le persone più felici, dinamiche e soddisfatte di questo mondo non sono diverse da te. Siamo tutti fatti di carne e ossa. Tutti scaturiamo dalla medesima fonte universale. Tuttavia quelli che non si limitano alla pura esistenza, che alitano sul fuoco delle loro potenzialità umane assaporando appieno la magica danza della vita, fanno cose diverse da chi vive comunemente. Prima di tutto, nutrono un atteggiamento positivo nei confronti della realtà e di tutto quello che succede loro”.

“Qualunque cosa ti capiti nella vita, tu solo hai la facoltà di decidere come reagire. Se ti abitui a cercare in ogni situazione il lato positivo, la qualità della tua vita sarà più elevata e più ricca. Questa è una delle leggi più importanti della natura… Vigilando sui pensieri e sulle reazioni ai fatti della vita, comincerai a diventare padrone del tuo destino”.

“Nella vita non ci sono errori, solo lezioni. Non esiste qualcosa che si possa chiamare esperienza negativa, ma occasioni per crescere, imparare e procedere lungo la strada del dominio di sé. È attraverso la lotta che diventiamo forti. Anche il dolore può essere un meraviglioso maestro… Per vincere il dolore, prima devi provarlo. In altre parole, come puoi veramente assaporare la gioia di trovarti in vetta alla montagna se prima non ti sei trovato nelle bassure del fondovalle?”

Penso che queste frasi possano davvero essere un aiuto formidabile per scoprire una dimensione di no stessi che spesso ignoriamo. Ci lasciamo travolgere dalle onde della vita, spesso arranchiamo per non farci sopraffare, e invece sarebbe così facile imparare a non opporre resistenza alla loro violenza, ma abbandonarci e lasciarci trasportare dolcemente. Oppure, anche se colpiti con violenza, fare tesoro della nostra esperienza per rafforzarci. Basta rifletterci un po' e nella nostra vita possiamo operare una vera rivoluzione, diventando padroni del nostro destino, anziché esserne schiavi. Potrebbero cessare i momenti di disperazione e aumentare quelli in cui abbiamo voglia di rimetterci in piedi e ricominciare a camminare con gioia e speranza. In fondo, dovremmo essere grati alla Vita, alla Forza, alla Coscienza cosmica, di permetterci di vivere ogni attimo della nostra esistenza, di farne esperienza con tutti noi stessi, di esserne i testimoni. In fondo, è questo lo scopo per cui siamo chiamati a vivere su questa Terra.
Tornerò in altre occasioni a parlare di questo libro e del suo autore, perché hanno molto da insegnarci.

(in alto, un primo piano di Robin S. Sharma)

domenica 13 marzo 2011

CERCHIAMO DI SCOPRIRE CHE COS'È PER NOI LA MALATTIA, CHE COSA VUOLE COMUNICARCI


C'è qualcuno che in passato (scusate, in questo momento non ricordo chi esattamente) ha definito la malattia come “benettia”, nel senso che quando stiamo male si tratta sempre di un segnale preciso che il nostro corpo ci invia per segnalarci che nella nostra dimensione psico-fisica è in atto un conflitto, il quale a volte si esprime anche come lotta tra agenti patogeni, tossine o quant'altro, e il nostro organismo, magari reso fragile da errori o imprudenze, ma sovente anche messo alla prova e intossicato dalle nostre cattive emozioni. A questi proposito vorrei citare qui un brano della sensitiva Barbara Ann Brennan (nella foto), tratto dal suo libro Mani di luce, Longanesi Editore. Ecco che cosa dice:
«È necessario penetrare nel significato più profondo delle nostre malattie. Dobbiamo domandarci: che cosa significa per me questa malattia? Che cosa posso imparare da essa? La malattia può essere semplicemente vista come un messaggio che il nostro corpo ci trasmette, del tipo: C'è qualcosa che non va. Non stai ascoltando la tua persona nella sua interezza. Stai trascurando qualcosa che è molto importante per te: Che cos'è? È in questo modo che si deve risalire all'origine di un disturbo; la ricerca va condotta sia a un livello psicologico-emotivo sia con un processo di comprensione o cercando di scoprire mutamenti nel vostro stato che possono essere non consci. Per riacquistare la salute bisogna intraprendere un lavoro personale e attuare una serie di mutamenti – un impegno che va al di là della semplice assunzione della medicina prescritta dal medico. Senza un mutamento nella persona, prima o poi insorgerà un altro problema che riporterà l'individuo alla fonte del disturbo originario. L'esperienza mi ha dimostrato che la chiave è proprio nella fonte; e di solito per risolvere il male alla fonte è necessario un cambiamento di abitudini che in ultima analisi induce a vivere più a stretto contatto con il nucleo essenziale di sé. In altre parole, penetriamo nella parte più profonda di noi stessi, quella che a volte è chiamata l'io superiore o la scintilla divina che sta nell'uomo».

lunedì 28 febbraio 2011

IL BISOGNO DI “CAMBIARE IL MONDO” È ESPRESSIONE DI UNA PERSONALITÀ EGOICA


Un altro preziosissimo spunto di meditazione e di discussione tratto dal libro di Maud Nordwald Pollock intitolato Dal cuore attraverso le mani, edizioni Corbaccio. Riguarda ancora una volta l'atteggiamento critico, di malcontento, che assumiano troppo spesso nei confronti della realtà che ci circonda. Ecco che cosa dice la Pollock:
«Il bisogno di cambiare le cose e il non essere in grado di farlo suscita il sentimento di “non essere capaci di avere influenza”, un sentimento di impotenza. Per creare l'illusione di “sentirsi potenti”, poiché ci siamo sentiti impotenti, la personalità egoica decide di intervenire per trasformare la gente e gli eventi in modo diverso da quello che sono. Ciò implica per esempio il fatto di dire delle persone o lamentarsi delle cose che non sono come le avremmo volute. Un'azione del genere non sempre dà i risultati sperati, e pertanto il sentimento che ne deriva è frustrazione, “mancanza di influenza” che sollecita un desiderio ancora più intenso di potere/influenza, dato che il sentirsi impotenti non è affatto piacevole. Il senso di mancanza di potere è alla base di gran parte dell'interazione umana.
Più ci sentiamo impotenti e più forte è il desiderio di avere potere e più “manchiamo di influenza”.
I partecipanti ai miei seminari dicono spesso: “Lo faccio a fin di bene, voglio questo o quello perché amo/mi curo delle persone del pianeta ecc… ” Voler cambiare gli altri o gli eventi per quello che si ritiene sia “il bene di”, partendo da una nostra idea, esprime le paure della nostra personalità egoica. È la personalità egoica che non si fida del processo divino e della conoscenza degli altri”.

domenica 27 febbraio 2011

IL SEGRETO PER VIVERE SAGGIAMENTE? L'IMPERTURBABILITÀ


Non posso fare a meno di citare un passo di un libro di Osho dal titolo Una vertigine chiamata vita, che è di un'immediatezza, di una sintesi e di una forza folgoranti. Ecco che cosa dice:
«Io sono l'occhio del ciclone, per cui qualunque cosa mi accada intorno, per me non fa differenza. Che sia tumulto o il suono meraviglioso dell'acqua che scorre, io sono solo un testimone; il processo del testimoniare rimane lo stesso. Per ciò che riguarda il mio essere più profondo, sono lo stesso in ogni situazione. Ecco tutto il mio insegnamento: le cose potrebbero cambiare, ma la tua consapevolezza dovrebbe restare sempre immutata.
Le cose cambieranno, è la loro natura. Un giorno hai successo, il giorno dopo fallisci; una volta sei sulla vetta, la volta successiva nella polvere. Ma qualcosa in te resta immutato, e quel qualcosa è la tua realtà. Io vivo nella mia realtà, non in tutti i sogni e gli incubi che circondano la realtà».
Parole come miele.

venerdì 25 febbraio 2011

I TIRANNI COMPIONO INGIUSTIZIE E SOPRUSI? NON SANNO QUELLO CHE FANNO

A proposito di ego. Come ci insegnano gli avvenimenti della storia e perfino della politica attuale, ci sono personaggi che l'hanno di una tale smisurata enormità da credersi gli “unti dal signore” o comunque persone in grado di condizionare il destino di milioni di persone, sottoponendole alla propria volontà in nome della storia, al proprio presunto carisma e potere economico in nome di un effimero consenso popolare, e spendono assurdamente la propria vita nel seguire questa patologica voce interna che li spinge a rafforzare sempre più il proprio potere, ad allargare i propri spazi di influenza sugli altri, tenendoli sotto controllo con leggi, opinioni dominanti vessatorie, repressione, e facendo quasi sempre leva sulla paura per ottenere i propri scopi. Delirio di onnipotenza, voglia di dominio portato alle estreme conseguenze, per colmare un vuoto interiore che ne fa persone miserabili, anche se magari dispongono di ricchezze enormi: tutto serve loro per alimentare il proprio falso ego, tutto serve loro per far soffocare l'aspirazione a essere più consapevoli, di cui ciascuno di noi è portatore. E pensare che anche per loro basterebbe ritagliarsi ogni giorno pochi momenti di sguardo interiore, di colloquio con se stessi, di auto-osservazione, di meditazione. E l'inconsapevolezza a poco a poco sparirebbe, lasciando il posto a una vita più serena e realizzata. Invece, magari già a 75 anni, si credono ancora eterni e agiscono di conseguenza, forti del loro ego, della loro ricchezza e della debolezza di tante persone asservite. Questa è totale inconsapevolezza, come hanno detto tante volte tutti i maestri della spiritualità. Per dirla con Gesù riferendosi ai suoi martirizzatori: «Oh Signore, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Ovvio, però: non si tratta di accettare passivamente le stragi che sono capaci di compiere o le privazioni cui sottopongono le proprie popolazioni. Deve esistere una giustizia umana, che del resto è ritagliata apposta proprio perché l'umanità è inconsapevole e per questo attua soprusi e ingiustizie. Se tutti gli uomini fossero consapevoli, dei testimoni, non ci sarebbe bisogno di leggi perché non ci sarebbero soprusi e ingiustizie.

martedì 22 febbraio 2011

DIETRO LA CRITICA, L'INCONSAPEVOLEZZA

Vorrei inaugurare questo mio blog citando il titolo che ho scelto, “IO SONO IL TESTIMONE”, non solo come dichiarazione di intenti personale (magari fosse così facile riuscirci!) ma soprattutto come augurio sentito e profondo a tutti i membri di questa grande umanità affinché ciascuno trovi in questa semplice (in teoria!) formula la strada per affrancarsi dall'infelicità e dai drammi causati da inconsapevolezza, sovrastrutture mentali, pregiudizi sociali-razziali-sessuali e, insomma, da tutto ciò che mette in primo piano la mente con le sue aberrazioni a scapito del cuore, dell'intuizione, dell'apertura verso gli altri, dell'amore (inteso come universale). Essere il testimone, infatti, sottintende l'essere presente e consapevole, in ogni momento, delle proprie azioni ed emozioni, come anche di tutto ciò che accade attorno a noi, tutte cose che non dovremmo mai giudicare ma semplicemente osservare. Dopo tanti anni durante i quali mi sono occupato di spiritualità, yoga e meditazione, posso dire di sentirmi pur sempre un neofita e, dunque, ho deciso di aprire questo blog non per elargire sentenze, consigli e verità ritenendomi la scienza infusa, bensì per tentare di essere utile a qualcuno con le mie pur scarse conoscenze e uno scambio di esperienze umane con i miei eventuali interlocutori e cercare assieme a loro una via per migliorarci.
Devo precisare che spesso citerò il pensiero di grandi maestri orientali e occidentali come base di discussione, in particolare quelli che secondo me sono stati capaci di un'importante sintesi di tutte le conoscenze nel campo della spiritualità, come Osho e Eckart Tolle. A mio modesto parere sono soprattutto loro, tra i maestri che ho studiato, a rappresentare la vetta della saggezza cui dobbiamo ispirarci durante ogni giorno della nostra vita, per automigliorarci e tentare così di compiere quel salto evolutivo nel campo spirituale cui l'uomo è destinato, prima o poi. Anche se, poi, bisogna riconoscere che tutto era racchiuso anche negli insegnamenti di quel grande Maestro spirituale che era Gesù. Mentre questi diceva verità in modo semplice e accessibile ai suoi discepoli, che erano tutti persone di modestissima cultura (e per questo i suoi insegnamenti appaiono spesso per forza di cose un po' dogmatici) Osho e Tolle si rifanno ai suoi concetti in modo più articolato, più “scientifico”, e dunque sorprendono perché ne rappresentano un approfondimento, un'integrazione molto importanti.
Spero che questo scambio di esperienze, di verità personali e di energie (che mi auguro avverrà su questo blog) possa essere utile a tutti noi, ovviamente, e non solo a me.
E allora vorrei proprio cominciare con la citazione di un passo del libro di Eckart Tolle Un nuovo mondo, edizioni Mondadori.
«Il lamentarsi è una delle strategie favorite dall'ego per acquisire forza. Ogni lamentela è una storiella che la vostra mente si costruisce e alla quale voi crede ciecamente… Alcuni ego che non hanno altro con cui identificarsi sopravvivono facilmente ed esclusivamente grazie alla lamentela. Quando siete nella morsa di un ego come questo, il lamentarsi, soprattutto degli altri, è abituale ed è ovviamente inconsapevole, e questo significa che lo fate senza saperlo… A un livello più basso dell'inconsapevolezza si urla e si strilla, e ancora un po' più giù, ma non troppo, c'è la violenza fisica. Il risentimento è l'emozione che si accompagna alla lamentela e al giudizio sugli altri, e che dà ancora più energia all'ego… L'ego ama questo. Invece di essere tolleranti con l'inconsapevolezza degli altri, ne ricavate la loro identità. E chi lo sta facendo? L'inconsapevolezza che c'è in voi, l'ego… L'ego ama lamentarsi e risentirsi non solo degli altri, ma anche delle situazioni… L'implicazione è sempre la stessa: questo non dovrebbe succedere; io non voglio essere qui; io non voglio farlo; mi trattano ingiustamente. E il più grande nemico dell'ego è, naturalmente, il momento presente, che è come dire la vita stessa… Provate a fare attenzione alla voce nella vostra testa, magari proprio nel momento in cui si lamenta di qualcosa, e se potete a riconoscerla per quello che è: la voce dell'ego, niente altro che uno schema mentale condizionato, un pensiero. Ogniqualvolta sentite quella voce, vi renderete anche conto che non siete la voce, ma chi ne è consapevole. Dietro vi è la consapevolezza, davanti c'è la voce , colui o colei che pensa. In questo modo diventati liberi dall'ego, liberi dalla mente inosservata… La consapevolezza e l'ego non possono coesistere. Il vecchio schema mentale o l'abitudine mentale possono ancora sopravvivere, riapparire per un po', perché vi sono dietro migliaia di anni di inconsapevolezza collettiva umana, ma ogni volta che viene riconosciuta si va indebolendo».
Che cosa possiamo fare, allora? Osservare le proprie e le altrui azioni e reazioni, essere consapevoli, esserne i testimoni, senza muovere critiche e accuse, dicono i maestri. In fondo, il mondo è perfetto così com'è, perché è un processo in divenire, in evoluzione. Accettandolo, e accettando noi stessi per come siamo adesso, perché in fondo fino a questo momento abbiamo espresso il massimo che potevamo, secondo le nostre possibilità e i condizionamenti che derivano dalle vite passate. In questo modo, non solo ci si mette in sintonia con la Divinità, ma si mette anche da parte l'ego, lo si ridimensiona. È quello che Osho chiama lo stato di “non mente”, di esistenza meditativa. E allora, proviamo già a fare oggi stesso un piccolissimo passo, ma molto importante, verso l'autorealizzazione, cercando di comprendere le mancanze dell'altro e nello stesso tempo osservando la nostra reazione a una presunta sua mancanza. Ricordiamo che cosa disse Gesù: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra» oppure «Porgi l'altra guancia». Quest'ultimo gesto non rivela un atteggiamento masochista, come si sembrava erroneamente quando ero ragazzo, ma è un “lasciar perdere” per “vincere”. Soprattutto sulle proprie passioni e sul proprio ego.